DOTT. GIUSEPPE MONTESANO

DOTT. GIUSEPPE MONTESANO
Esercito la professione di Medicina Generale e sono specialista in Ginecologia e Ostetricia.Perfezionato in Medicina Biologica e Medicina Estetica                   STUDIO MEDICO      Via Diaz 50/A Camporotondo Etneo CT) Tel: 349-2666208

domenica 9 dicembre 2007

SESSUALITA' IN MENOPAUSA

Il farmaco che risveglia il desiderio sessuale femminile è ora in commercio anche in Italia. Visto l'argomento delicato, sia per le pazienti sia per i medici, che devono familiarizzare con un'opzione terapeutica che prima non c'era, qualche spiegazione era d'obbligo.
Premesso che le quantità di testosterone circolanti nel gentil sesso sono circa 10 volte inferiori a quelle presenti nell'uomo, ha spiegato Andrea Genazzani - Ordinario, presso il Dipartimento di medicina della procreazione e dell'età evolutiva dell’Università di Pisa – nella donna la secrezione di testosterone è massima a 20 anni e poi diminuisce gradualmente con il passare dell'età. Questo in condizioni fisiologiche e se ne può intuire il significato naturale ai fini della procreazione. Una volta in menopausa i livelli circolanti si sono ridotti a circa un quarto del loro valore iniziale e, tuttavia, ciò è avvenuto nel corso di 30-40 anni e le ovaie mantengono comunque una secrezione ormonale minima. Diverso è quando questo percorso cronologico viene annullato dalla necessità di asportare chirurgicamente ovaie e utero. Si parla, infatti, di menopausa chirurgica, cioè indotta, quando l'intervento avviene in donne ancora in età fertile. Per evitare gli scompensi e, nel lungo periodo, anche i danni alla salute associati all'improvvisa cessazione della produzione estroprogestinica, a queste donne si somministra in genere la terapia ormonale sostitutiva (TOS). Quel che la scienza sa e puòE questo della sostituzione è il punto critico, come ha più volte sottolineato Alessandra Graziottin - Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica, Ospedale San Raffaele Resnati di Milano – il testosterone in precedenza non rientrava in questa ipotesi sostituiva. Oggi sì, grazie all'ampliamento delle conoscenze sulla biochimica del comportamento sessuale femminile e alla disponibilità del nuovo farmaco, un cerotto transdermico a rilascio costante di testosterone. L'ovariectomia porta necessariamente ad un brusco calo dei livelli circolanti di testosterone e si è visto come l'applicazione del nuovo cerotto, in aggiunta alla TOS, fosse in grado di apportare benefici significativi, sia fisici sia psicologici, a queste pazienti. Il testosterone agisce in primis sul sistema dopaminergico cerebrale stimolando una sana aggressività, intesa come curiosità, sicurezza in se stessi e voglia di agire. In questo quadro si inserisce lo stimolo della libido, cui si accompagnano, a livello dell'apparato sessuale femminile tutta una serie di azioni "meccaniche" che favoriscono la risposta sessuale, cioè il raggiungimento del piacere. Dalla chimica alla praticaIl farmaco deve essere prescritto da un medico; il cerotto rilascia 300mcg al giorno di testosterone, resiste anche in acqua e si sostituisce ogni 3 giorni e mezzo. Devono trascorrere almeno 4 settimane perché l'organismo impari nuovamente a riconoscere e utilizzare l'ormone, quindi l'effetto non è immediato né strumentale, niente a che vedere con i farmaci per la disfunzione erettile maschile. Così è intervenuta a fugare qualsiasi ambiguità Rossella Nappi - ricercatrice presso l'Unità di Endocrinologia Ginecologica e della Menopausa IRCCS Fondazione Maugeri, di Pavia. Il medicinale è indicato per il trattamento del disturbo da desiderio sessuale ipoattivo nelle donne sottoposte a ovariectomia e isterectomia bilaterali che ricevono una terapia estrogenica concomitante. Lo stato di menopausa chirurgica certifica di per sé il depauperamento di testosterone, tuttavia perché la diagnosi sia completa occorre che i cambiamenti psicofisici che ne derivano siano vissuti con disagio dalla donna, e come tali discussi con il medico di famiglia o con il ginecologo.

ENDOMETRIOSI NEMICA DELLA CULLA

Endometriosi nemica della culla.

L’endometriosi è un disturbo dell’apparato genitale femminile piuttosto diffuso (8-10% della popolazione) di cui la medicina ha preso a occuparsi “di petto” solo abbastanza recentemente. E’ in pratica causata da un’anomala proliferazione dell’endometrio, cioè il tessuto che riveste internamente la cavità uterina. A seconda della quantità e della posizione di queste proliferazioni, l’endometriosi può dare disturbi più o meno gravi, che di norma si esprimono come dolore alla pelvi, dispareunia (dolore durante i rapporti), irregolarità del ciclo e, in molti casi, infertilità. Tanto che nelle donne infertili la presenza di endometriosi è più frequente: dal 20 al 70% a seconda delle casistiche.Differenze in funzione della gravitàQuest’ultimo punto però se non viene apertamente messo in dubbio viene quantomeno affrontato con cautela. E’ evidente, sostengono alcune ricerche, che se la proliferazione dell’endometrio tende a ostruire le tube e comunque a coinvolgere ovaio e annessi, la discesa della cellula uovo o l’arrivo degli spermatozoi possono venire compromessi o almeno ostacolati. Dal momento che la specie umana non è tra le più fertili (la possibilità di gravidanza a ogni rapporto in condizioni normali non supera il 20%) ecco che una coppia può facilmente vedere frustrati i tentativi di procreazione. Ma quando l’endometriosi è di grado medio-lieve? Qui la situazione si fa più sfumata, e sono state prospettate ipotesi diverse. Anziché un ostacolo meccanico, potrebbe essere una reazione immunitaria a mettere i bastoni tra le ruote agli spermatozoi ma anche all’ovocita e allo stesso embrione. Infatti, alla proliferazione dell’endometrio si accompagna un aumento del rilascio di alcune citochine (sostanze fondamentali per le reazioni immunitarie difensive). Tuttavia vi è anche il sospetto che la maggiore frequenza dell’endometriosi, soprattutto lieve e media nelle donne con difficoltà nel concepimento possa essere dovuta al fatto che, essendo una routine l’indagine endoscopica, vengono scoperte situazione che sulla base dei soli sintomi potrebbero passare inosservate.Meglio l’endoscopio del farmaco?Alcuni studi, poi, hanno rivelato che in realtà tra le donne con endometriosi lieve e quelle con infertilità per la quale non vi era una causa chiara la differenza in termini di successo nella gravidanza non era significativa. Inoltre c’è anche l’aspetto del trattamento da considerare: è vero che ristabilire la pervietà delle tube cambia la situazione, ma intervenire chirurgicamente sull’ovaio può, per esempio, ridurre la riserva di quest’ultimo e quindi compromettere la futura fertilità. Anche il trattamento medico, che consiste nella somministrazione di farmaci che bloccano l’ovulazione (dalla pillola anticoncezionale al danazolo ad altre sostanze con lo stesso effetto) anche se possono far regredire l’endometriosi, di fatto ritardano il ritorno del ciclo, e anche questo va tenuto presente quando si valuta l’effetto sulla fertilità. In realtà, mentre l’approccio chirurgico non sembra compromettere il ritorno della capacità di procreare in tempi relativamente brevi, per i trattamenti medici il giudizio è meno positivo. Effettivamente, il ricorso al farmaco non migliora la fertilità o almeno non così rapidamente. Insomma, di fronte a una diagnosi di endometriosi e a una temporanea difficoltà nel concepimento, questo aspetto va affrontato con il proprio ginecologo, soprattutto quando viene proposto il trattamento medico. Non è detto che questa via meno invasiva sia poi la più soddisfacente, anche considerando che ormai questi interventi di rimozione del tessuto endometriosico vengono effettuati prevalentemente per via laparoscopica...

lunedì 3 dicembre 2007

VACCINAZIONE HPV

Vaccinare le dodicenni italiane contro il papillomavirus per la prevenzione del tumore del collo dell'utero.Dal 2008 i genitori delle bambine nate nel 1997 riceveranno l'invito firmato dal Ministro della Salute a vaccinare le proprie figlie contro l'HPV. La vaccinazione gratuita verrà eseguita presso i servizi vaccinali pubblici delle aziende sanitarie. L'obiettivo è di avere entro cinque anni il 95 per cento delle dodicenni vaccinate. La posizione presa dal Ministero della Salute è in ritardo rispetto alle politiche di prevenzione adottate in molti paesi europei: infatti la vaccinazione è già offerta attivamente e gratuitamente in molti paesi europei ed a più coorti di ragazze rispetto all'Italia. Ad esempio in Germania la vaccinazione è offerta gratuitamente per tutte le ragazze tra i 12 ed i 17 anni, mentre in Francia è raccomandato la vaccinazione universale delle ragazze di 14 anni ed è stata anche raccomandata l'offerta vaccinale alle ragazze e giovani donne con un'età compresa tra i 15 e i 23 anni che non hanno ancora avuto rapporti sessuali o, al più tardi, nell'arco di tempo di un anno dall'inizio dell'attività sessuale e così tante altre nazioni europee.
Siamo pronti al via? Siamo sufficientemente attrezzati e formati? La vaccinazione serve per proteggere le donne dallo sviluppo del tumore al collo dell'utero, di cui è provata la causa certa in un'infezione virale che in alcuni casi porta al tumore. Il tumore al collo dell'utero è il secondo tumore femminile dopo quello al seno. Secondo le stime dell'OMS, vengono diagnosticati 500 mila casi ogni anno nel mondo; più dei due terzi dei quali nei Paesi poveri dove rappresenta la principale causa di morte. In Italia, si registrano circa 3.500 nuovi casi ogni anno (incidenza di 10 su 100 mila donne di tutte le età), con circa 1700 decessi, (incidenza di mortalità di 3 per 100 mila donne). Nel 70 per cento dei casi l'infezione da HPV tumore si manifesta per la gran parte dei casi dopo i 40 anni. Il lungo tempo di latenza tra infezione da HPV ed insorgenza del tumore cervice consente la prevenzione secondaria attraverso lo screening attraverso pap-test. Il vaccino disponibile contro il papillomavirus è un quadrivalente contro i quattro ipi di HPV più diffusi e garantisce una copertura pressoché completa nei confronti delle paologie causate da questi 4 tipi. Essendo l'HPV un virus a trasmissione sessuale il vaccino è efficace soprattutto nelle donne non sessualmente attive, per questo motivo il target della vaccinazione è rappresentato dalle bambine di 11-12 che, mediamente, non hanno ancora avuto il primo rapporto sessuale. Il vaccino quadrivalente tuttavia è indicato in tutte le donne tra i 9 ed i 26 anni di età e nei bambini di sesso maschile di età compresa tra i 9 ed i 15 anni.
Il ruolo cruciale della comunicazione e del counsellingLa vaccinazione contro l'HPV come altre iniziative preventive non si fermano - e non devono farlo - all'atto pratico della vaccinazione. Questa deve mettere in moto anche la macchina comunicativa per rispondere ai bisogni informativi sia delle giovani dodicenni sia dei genitori in un'ottica di medicina centrata sul paziente e di scelta consapevole (vaccino sì o no?).
Cosa dire alle dodicenni? E ai loro genitori?L'informazione dovrà tener conto delle domande (es. sull'eventuale necessità di richiami) e, come sottolineato nello stesso provvedimento del Ministero, deve essere spiegato che l'intero processo di prevenzione non può concludersi con la vaccinazione, ma deve continuare con lo screening mediante il pap-test (prevenzione secondaria). La vaccinazione anti-HPV è efficace solo contro i tipi di HPV che sono responsabili del 70 per cento circa dei tumori del collo dell'utero: rimane quindi un 30 per cento di tumori contro cui il vaccino non può fare nulla. Tuttavia dati recenti relativi al vaccino quadrivalente hanno dimostrato che lo stesso previene anche circa il 40% delle lesioni di alto grado del collo dell'utero provocate da 10 tipi di HPV oncogeni non previsti nella composizione vaccinale (cross protection).
Inoltre, deve essere considerato che non è possibile parlare alla dodicenne ed ai suoi genitori di malattia trasmissibile sessualmente, in quanto potrebbe voler dire entrare nel merito dei comportamenti sessuali. A tal proposito ricordare come l'HPV sia un virus molto frequente (il 75% della popolazione lo incontra nella propria vita) aiuta nella comunicazione, che deve essere incentrata ovviamente sulla prevenzione del cancro del collo dell'utero, della vulva, della vagina e di tutte le lesioni precancerose di questi organi. Tuttavia non sempre i professionisti sono pronti ad affrontare temi relativi alla sessualità con gli adolescenti se non con lezioni frontali.
Ma al di là del che cosa dire il problema principe è come dire alle dodicenni che la vaccinazione le proteggerà da un tumore che potrebbe svilupparsi quando sarà adulta. Spiegare a una bambina "già grande" che sta entrando nella fase della maturità sessuale a cosa serve la vaccinazione per il papillomavirus non è come spiegare il vaccino per il morbillo. La comunicazione deve vedere partecipi il pediatra, il medico di medicina generale, il ginecologo, gli operatori sanitari dei centri vaccinali, gli assistenti sociali, gli insegnanti e anche i genitori.
Ruolo e preoccupazioni dei genitoriDati in letteratura rilevano un buon livello di accettazione da parte dei genitori della vaccinazione contro il papillomavirus. I timori generali riguardano rischi ed efficacia del vaccino a cui si aggiungono preoccupazioni insite nella tipologia di prevenzione che riguarda una malattia a trasmissione sessuale. Una delle preoccupazioni dei genitori è che questo atto preventivo comporti un aumento di comportamenti sessuali a “rischio” e l'accettazione di un'attività sessuale precoce. Come evidenziato in uno studio statunitense che ha coinvolto oltre 500 genitori con almeno una figlia minorenne, il diverso atteggiamento dimostrato dai genitori posti davanti alla possibilità era associato a diversi fattori tra cui l'etnia (gli ispanici sono più disponibili rispetto ai bianchi e ancor più agli afro-americani e asiatici) e la scolarità (i più aperti alla vaccinazione sono risutlati i genitori con minore scolarità).
E in Italia?All'interno di una tavola rotonda organizzata dall'Associazione Pediatria di Comunità che si è recentemente tenuta a Forlì, Dante Baronciani del CeVeas ha presentato impressioni e timori dei genitori che ha raccolto in un forum a Modena. Devo vaccinare mia figlia? Perché? Ma serve farlo? E poi, quali i rischi?Sono alcune delle domande sollevate dai genitori. Emerge che le maggiori resistenze si incontrano soprattutto da parte dei padri che si dimostrano più dubbiosi; i timori riguardano la preoccupazione che ci sono poche esperienze precedenti e che l'atto della vaccinazione possa spingere la loro bambina a rapporti precoci e non protetti. "Molti genitori avevano dichiarato di avere scarse informazioni sul rapporto HPV e tumore del collo dell'utero, e non sufficienti capacità di trasmetterle alle loro figlie".
Cosa dire alle proprie figlie? Come dirlo?Un altro elemento di preoccupazione espresso dai genitori è collegato alle malattie sessualmente trasmissibili e ai rapporti non protetti: la vaccinazione potrebbe trasmettere eccessiva fiducia nell'assenza di rischi dei rapporti sessuali. Questi dubbi sono stati affrontati anche nei moltissimi Paesi dove la vaccinazione antiHPV è stata avviata, primi fra tutti l'Australia e gli Stati Uniti e nei Paesi Europei dove già si vaccina da diversi mesi e gratuitamente non solo la coorte delle 12enni ma anche più coorti (è il caso in primis di Germania, dove vaccinano gratuitamente le ragazze di età compresa tra 12 e 17 anni e in Francia, dove praticamente la vaccinazione è gratuita per le ragazze di 14 anni e per le ragazze di 15-23 anni che non hanno ancora incontrato il virus. In questi Paesi i dubbi relativi a come comunicare ai genitori ed alle ragazze su questo vaccino sono stati superati dall'avvio della vaccinazione, il primo vaccino contro una gravissima forma di cancro che rappresenta la seconda causa di decessi delle donne nel mondo. Ci si aspetta che anche in Italia, nonostante il vaccino sia disponibile al commercio da marzo di quest'anno, l'avvio della vaccinazione per le 12enni previsto per gennaio 2008 (ad oggi molte regioni però non hanno ancora deciso quando partirà la vaccinazione) negli stessi uffici preposti all'esecuzione delle altre vaccinazioni, porterà ad un'accettazione elevata da parte della popolazione soprattutto se tutti i soggetti coinvolti nel "processo" della vaccinazione anti HPV (ginecologi, pediatri, medici di famiglia, igienisti in primis) diano dei messaggi univoci sui benefici, unici, dati da questa importante ed unica opportunità per le donne italiane.

Una check list dei messaggi più importanti per un corretto counseling:
· Il cancro del collo dell'utero ha una causa certa: un virus chiamato Papillomavirus
· Il Papillomavirus (o HPV) è un virus molto diffuso che il 75% della popolazione incontra almeno una volta nel corso della propria vita
· Fortunatamente, il 90% dei "contatti" con il virus si risolve con un nulla di fatto
· Il vaccino è preventivo e NON terapeutico
· Il vaccino copre oggi il 75% dei tipi che causano il cancro del collo dell'utero, quindi anche nelle donne vaccinate sarà necessario continuare lo screening mediante pap test (dai 25 ai 64 anni consigliato ogni 3 anni).
· Il vaccino in commercio protegge dal cancro del collo dell'utero, dalle lesioni precancerose del collo dell'utero e della vulva e dai condilomi genitali causati dai tipi 6, 11, 16 e 18 di HPV.

Il vaccino è indicato nelle donne di 9-26 anni e nei bambini di 9-15 anni.