DOTT. GIUSEPPE MONTESANO

DOTT. GIUSEPPE MONTESANO
Esercito la professione di Medicina Generale e sono specialista in Ginecologia e Ostetricia.Perfezionato in Medicina Biologica e Medicina Estetica                   STUDIO MEDICO      Via Diaz 50/A Camporotondo Etneo CT) Tel: 349-2666208

mercoledì 21 maggio 2008

PREVENIRE IL DIABETE PRIMA DELLA GRAVIDANZA

Un dato americano riferito al 1988, riportava che il diabete di natura gestazionale era responsabile di circa l'88% di tutte le gravidanze affette da diabete, a fronte del 12% dei casi in cui il diabete era preesistente. Con l'aumento di obesità e diabete nelle donne in età riproduttiva, sono state esaminate le variazioni di prevalenza di queste due forme del diabete (gestazionale e preesistente) in popolazioni etnicamente diverse di donne gravide. E' risultata stabile la prevalenza del diabete gestazionale, mentre si è registrato un incremento nella prevalenza del diabete preesistente, tendenze indipendenti da età o razza. Ciò che preoccupa maggiormente è l'incremento del diabete preesistente nelle donne giovani in età riproduttiva. Infatti, anche se il diabete gestazionale comporta conseguenze negative per lo sviluppo fetale, l'iperglicemia materna che risale a prima della gravidanza e che rimane tale nel periodo di sviluppo del feto, perchè non adeguatamente controllata, espone il feto a un aumento del rischio di difetti di nascita. Oltre a ciò, la comparsa più precoce del diabete suggerisce anche una maggiore durata e quindi maggiori probabilità di sviluppo di complicazioni. Gli autori dello studio auspicano maggiore attenzione da parte della sanità pubblica per interventi focalizzati sulla riduzione di eccesso di peso e obesità come mezzo di prevenzione, o quanto meno ritardo, dell'insorgenza del diabete in tutte le donne. E per sviluppare nelle giovani donne la consapevolezza che prevenzione del diabete prima di una gravidanza riduce le complicazioni neonatali e materne nelle donne diabetiche.

DIAGNOSI PREIMPIANTO: ORA SI PUO'

Le nuove linee guida alla legge 40 sulla fecondazione assistita, ultimo atto del Ministro Turco, presentano novità importanti"Queste nuove linee guida sono il frutto di un lavoro rigoroso finalizzato a due precisi obiettivi: la piena e corretta applicazione della legge 40 e la necessità di fornire idonee e puntuali indicazioni agli operatori sanitari alla luce delle nuove risultanze cliniche e del mutato quadro di riferimento giuridico scaturito da ripetuti interventi della magistratura sulle precedenti linee guida". Questo il commento del Ministro della Salute Livia Turco a margine della pubblicazione in Gazzetta ufficiale, il 30 aprile scorso, dell'aggiornamento delle linee guida alla legge 40. Un aggiornamento che non ha mancato di sollevare polemiche. Le principali novità delle nuove linee guida, attuate avvalendosi dell'Istituto Superiore di sanità e previo parere del Consiglio superiore di sanità, sono tre:

1. la possibilità di ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) viene estesa anche alla coppia in cui l'uomo sia portatore di malattie virali sessualmente trasmissibili, e in particolare del virus HIV e di quelli delle epatiti B e C, riconoscendo che tali condizioni siano assimilabili ai casi di infertilità per i quali è concesso il ricorso alla PMA. In questi casi c'è infatti un elevato rischio di infezione per la madre e il feto conseguente a rapporti sessuali non protetti con il partner sieropositivo. Un rischio che, di fatto, preclude la possibilità di avere un figlio a queste coppie;
2. l'indicazione che ogni centro per la PMA debba assicurare la presenza di un adeguato sostegno psicologico alla coppia, predisponendo la possibilità di una consulenza da parte di uno psicologo adeguatamente formato nel settore;
3. l'eliminazione dei commi delle precedenti linee guida che limitavano la possibilità di indagine a quella di tipo osservazionale e ciò a seguito delle recenti sentenze di diversi tribunali e in particolare di quella del TAR Lazio dell'ottobre 2007. Questa sentenza come è noto ha infatti annullato le linee guida precedenti proprio in questa parte, ritenendo tale limite non coerente con quanto disposto dalla legge 40."

Abbiamo recepito le indicazioni mirate ad ampliare la possibilità di ricorrere alla fecondazione assistita anche per quei soggetti positivi a virus di malattie sessualmente trasmissibili - ha spiegato il Ministro - per i quali è stato riconosciuto uno stato di infertilità di fatto e che da oggi potranno avere dei figli senza correre il rischio di infettare la partner e il nascituro stesso". In più "abbiamo dato - aggiunge il Ministro - una risposta a quanti, operatori e cittadini, richiedevano chiarezza sulla possibilità di effettuare diagnosi preimpianto, chiarendo che le linee guida, in quanto tali, non possono prevedere divieti che non siano già contemplati nella legge stessa. Per questo il nuovo testo delle linee guida non contempla più la limitazione alla sola diagnosi osservazionale, mantenendo comunque il divieto di qualsiasi diagnosi a fini eugenetici così come previsto dall'articolo 13 della legge 40. E ciò in coerenza con l'evoluzione dell'ordinamento, testimoniata da diversi pronunciamenti della magistratura, sia ordinaria che amministrativa, e in particolare quello del Tar del Lazio che ha annullato la parte delle precedenti linee guida in cui si limitano le indagini sullo stato di salute dell'embrione a quelle di tipo osservazionale". Infine conclude il Ministro "abbiamo altresì accolto le indicazioni a implementare il sostegno psicologico alle donne e alle coppie che accedono alle tecniche di procreazione assistita, in tutto il percorso assistenziale, prima, durante e dopo l'effettuazione delle tecniche o anche a seguito del loro fallimento".

lunedì 10 marzo 2008

LA PILLOLA DEL GIORNO DOPO NON E' "OBIETTABILE"

"La 'pillola del giorno dopo' non è un farmaco abortivo e come tale non può essere motivo di obiezione di coscienza da parte degli operatori sanitari, compresi i farmacisti". E' una delle indicazioni del Rapporto sullo stato di salute delle donne in Italia, prodotto dalla 'Commissione Salute delle donne' istituita nel 2007, e presentato in occasione del centenario dell'8 marzo. Tra le molte proposte e i dati contenuti nel Rapporto, le indicazioni che riguardano la 'pillola del giorno dopo' suggeriscono anche di "garantire che la prescrizione sia effettuata oltre che nei consultori, anche nei Pronto Soccorso (proponendo la possibilità del codice verde - urgente a bassa priorità) e nei servizi di continuità assistenziale (guardia medica) nella piena applicazione della legge 194". Per quanto riguarda i contraccettivi orali, invece, la proposta è di arrivare ad avere "più blister nella stessa scatola" ma anche che le pillole a basso dosaggio siano in fascia A, a carico del Ssn, "considerando la contraccezione strumento prioritario della prevenzione dell'aborto e che in quanto tale deve essere prevista nei Livelli essenziali di assistenza". Anche la spirale (IUD) dovrebbe essere gratuita per le donne con reddito basso e nei consultori". Quanto poi all'interruzione di gravidanza - secondo il Rapporto - andrebbero garantiti "almeno un medico non obiettore in ogni distretto, presente almeno 4 volte alla settimana e mediatrici culturali in tutte le Asl a disposizione dei servizi consultoriali e ospedalieri". Negli ospedali che eseguono Ivg bisognerebbe "rendere disponibile idonea strumentazione (Karman) utilizzando le risorse derivanti dai Drg per le interruzioni volontarie di gravidanza". Da attivare anche "progetti specifici per la salute riproduttiva e la prevenzione delle Ivg tra le donne immigrate".

mercoledì 5 marzo 2008

Giorni di emicrania

Mestruazioni ed emicrania è un binomio noto a molte donne: è stato osservato che l’emicrania in età fertile è tre volte più comune che negli uomini e che nella metà dei casi gli attacchi si osservano in relazione al ciclo. I giorni più a rischio sarebbero quelli a cavallo dell’inizio delle mestruazioni, da 2 giorni prima a 3 giorni dopo. Ma qual è il meccanismo che determina questa condizione? Verrebbe spontaneo attribuire la colpa agli ormoni, ma quali? E qual è il congegno che innesca l’insorgere degli attacchi di emicrania proprio durante le mestruazioni?

Una questione di ormoni
Come è ben noto, gli ormoni coinvolti nel ciclo sono principalmente due: estrogeni e progesterone. Gli studi condotti fino ad ora hanno suggerito che il progesterone abbia un ruolo marginale nella patologia e che i principali responsabili siano gli estrogeni, o meglio, le loro fluttuazioni. In breve, gli estrogeni raggiungono un livello minimo nei primi giorni di mestruazioni e poi aumentano notevolmente fino a raggiungere il picco massimo durante l’ovulazione. A questo segue una lieve diminuzione fino al raggiungimento di quello che viene chiamato nadir post ovulatorio, poi un lieve aumento durante la fase luteinica e infine un drastico calo fino alla successiva mestruazione. Pubblicazioni precedenti suggeriscono che la responsabilità degli attacchi di emicrania sia da attribuire proprio a questo deciso calo dei livelli di estrogeni nei giorni immediatamente precedenti e successivi all’inizio delle mestruazioni, ma non erano mai stai eseguite ricerche che mettessero direttamente in relazione i due eventi. Uno studio pubblicato su Neurology condotto su 38 donne in età fertile ha dimostrato che la maggior frequenza di attacchi si verificava in corrispondenza del calo di estrogeni e la minore durante il picco ovulatorio. Lo studio è stato condotto su pazienti che non assumevano contraccettivi ormonali, che soffrivano di 1-4 attacchi di emicrania al mese di cui almeno uno in corrispondenza del ciclo, e che compilavano giornalmente un diario annotando le emicranie e i relativi trattamenti. I livelli di estrogeni sono stati misurati ogni giorno dall’esame delle urine.

Attacchi prevedibili?
Rimane da capire perché non tutte le donne soffrano di emicrania: i motivi sono più di uno. Prima di tutto il picco di estrogeni, così come i livelli basali, sono soggettivi e sembra che le donne che hanno livelli basali più alti siano quelle che presentino anche un calo più significativo e che questo potrebbe predisporle all’emicrania. E poi non bisogna dimenticare che molto probabilmente esiste una componente biologica, dimostrata anche dal fatto che ci sono soggetti che soffrono di emicrania anche indipendentemente dalle fasi del ciclo e che continuano a soffrirne anche dopo la menopausa. Gli autori concludono che lo studio potrebbe essere un utile punto di partenza per poter prevedere – nelle donne che corrispondono al profilo ormonale osservato - quando si presenteranno i mal di testa. Per una cura definitiva occorre invece aspettare ancora un po’.
Sesso senza dolore con il botox

Vaginismo è un termine solo apparentemente ambiguo. Infatti se è vero che l’esito è il dolore durante i rapporti, e quindi un esito simile a quello dato da molte altre condizioni ginecologiche, in realtà indica una causa ben precisa. Si tratta, infatti, di uno spasmo riflesso, quindi non cosciente, che coinvolge la muscolatura di vulva, vagina e perineo; una sorta di eccessiva reazione difensiva all’introduzione di corpi nella vagina che quindi si presenta anche durante le normali visite ginecologiche. Sul presentarsi del vaginismo pesano ovviamente fattori psicogeni, ma l’ultimo anello della catena è comunque un riflesso muscolare. Di conseguenza, di due tipi sono le terapie: farmaci ansiolitici e mezzi che riducano la sensibilità locale, come creme anestetiche e lubrificanti o anche appositi esercizi per la muscolatura interessata. A queste opzioni si aggiunge ora un trattamento inedito: la tossina botulinica o botox. E’ la stessa sostanza che viene impiegata per impedire o mascherare la comparsa delle rughe d’espressione, in quanto, appunto, ha l’effetto di inibire la contrazione muscolare.

Successo al primo trattamento
Il trattamento per ora va considerato sperimentale, ma ha avuto pieno successo. E’ stato infatti al centro di uno studio condotto Al centro di ricerca sulla salute riproduttiva di Teheran (Iran). I ricercatori hanno provato l’iniezione del botox in 24 donne affette da vaginismo medio-grave e resistente agli altri trattamenti. Dopo una leggera sedazione, alle donne sono stati iniettati da 150 a 400 unità internazionali della sostanza, in tre punti diversi della muscolatura pubica sui due lati della vagina. La prima valutazione del risultato è stata condotta una settimana dopo il trattamento, attraverso un esame diretto, che ha rivelato l’assenza di vaginismo o comunque sintomi molto contenuto in tutte e 23 le donne che hanno accettato la visita. 18 pazienti hanno riportato di aver avuto rapporti normali con il partner dopo il primo trattamento, 4 donne hanno lamentato comunque un certo dolore mentre una ha avuto bisogno di una ripetizione di una seconda serie di iniezioni. I benefici si sono mantenuti per tutto il periodo di follow-up, che in media è durato un anno raggiungendo in alcune pazienti anche i due anni, durante il quale il vaginismo vero e proprio non si è mai ripresentato.

Servono conferme a lungo termine
Gli autori della ricerca sono soddisfatti dei risultati raggiunti, anche se tengono a sottolineare che la tossina botulinica andrebbe impiegata, per ora, soltanto nell’ambito di studi clinici, quindi in situazioni molto controllate. In effetti resta anche da definire quale sia la durata dell’effetto miorilassante: nel caso delle rughe, infatti, il trattamento è tutt’altro che definitivo. E’ sempre possibile che la temporanea inibizione degli spasmi sia una sorta di occasione per cominciare ad avere rapporti normali e, di conseguenza, una sorta di rinforzo positivo psicologico. Anche questo, però, potrà chiarirlo solo il tempo.

martedì 19 febbraio 2008

FECONDAZIONE, BLOCCATE LE NUOVE LINEE GUIDA

Corriere della Sera - 18.02.2008

ROMA - Le nuove linee guida sulla fecondazione artificiale sono pronte ma lo scioglimento del Parlamento ha bloccato l'iter del provvedimento. Il ministro della Salute Livia Turco, dopo essersi accertata che fossero inoppugnabili dal punto di vista giuridico, stava per firmare il decreto. Ma poco prima di compiere l'ultimo atto, il governo è caduto e il documento, modificato rispetto a quello emanato dall'ex ministro Girolamo Sirchia, si è bloccato di nuovo.Ieri Giuliano Ferrara dalle colonne del Foglio ha criticato il comportamento del ministro che non avrebbe mantenuto le promesse, inviando per la seconda volta le norme esplicative della legge 40 al Consiglio Superiore di Sanità. Secondo il quotidiano il costituzionalista Filippo Vari, a supporto delle tesi di Ferrara, ha sostenuto che l'emanazione delle linee guida è «illegittima» perché provengono da un governo in carica solo per il disbrigo di affari correnti.«Procedura bizzarra. O è un modo per sfuggire al pressing dello sciopero della fame di Marco Cappato e dell'associazione Coscioni - ha detto il direttore del quotidiano -. Oppure con questo passaggio al Consiglio Superiore di Sanità si vuole conferire una qualità scientifica a una decisione soltanto politica». Ma successivamente, intervenendo alla trasmissione di Lucia Annunciata «In mezz'ora» su Rai3, Ferrara ha reso noto che il ministro Turco avrebbe fatto marcia indietro bloccando il provvedimento.Respinge le critiche il ministero della Salute: il rinvio del testo al Consiglio - che per decidere non ha scadenze - è un passaggio dovuto. Comunque tutto porterebbe a pensare che la Turco sia molto titubante a rompere gli indugi. All'interno del Pd soffiano venti contrari alla modifica delle linee guida. I cattolici, la senatrice Paola Binetti in testa, non vogliono che la legge 40 sia ammorbidita. Marco Cappato aspetta: «Capisco il suo timore di esporsi e sono certo che senza il nostro sciopero delia fame la questione si sarebbe insabbiata. Dal ministro mi aspetto di più. Siamo pronti a riprendere le proteste se questa manovra dovesse avere un carattere dilatorio, se ci accorgessimo che si vuole rimandare il decreto a dopo le elezioni».L'attenzione e le polemiche sono concentrate in particolare su una parte del testo. Quella che cancellerebbe il divieto di diagnosi preimpianto sull'embrione, richiesta dalle coppie con malattie genetiche trasmissibili ai figli in quanto l'analisi sul Dna aumenta in modo irnportante le possibilità di avere bambini sani.

18.02.2008
Margherita De Bac

domenica 6 gennaio 2008

VIDEO 3D PARTO SPONTANEO

IL CICLO DELLA FERTILITA'

Il "ciclo" della fertilità
Spesso il ciclo mestruale è stato oggetto di studi epidemiologici in quanto, subendo uno stretto controllo da parte degli ormoni, è un efficace indicatore del funzionamento endocrino: pochi studi, però, si sono occupati di indagare se ci sia o meno un legame tra la sua durata e il grado di fertilità. Il ciclo mestruale inizia il primo giorno della mestruazione e termina il giorno precedente la mestruazione successiva; la durata media è di 28 giorni, ma variazioni da 21 a 35 giorni vengono considerate nei limiti del normale. Siccome il follicolo dominante, cioè quello che ha rilasciato l’ovulo, si sviluppa nel corso del ciclo che precede il flusso mestruale, il flusso che precede la gravidanza riflette l’andamento ormonale e fisiologico del ciclo appena terminato. Su questo presupposto alcuni ricercatori della Emory University di Atlanta, hanno indagato sull’esistenza di un legame tra la durata del ciclo mestruale, la fertilità e l’andamento di un’eventuale gravidanza.

Meglio cicli di 30 giorni...
Lo studio ha seguito 470 donne per 1 anno o, per quelle che nel frattempo avevano iniziato una gravidanza, fino al termine della gestazione; ognuna ha tenuto un diario riguardante il proprio ciclo mestruale per tutto il periodo di indagine e ha raccolto almeno due campioni di urina durante ogni ciclo per poter verificare la presenza di gonadotropina corionica umana e individuare precocemente un’eventuale gravidanza. Nel corso dello studio il 38% delle donne è andato incontro a una gravidanza, il 30% delle quali si è però conclusa in seguito ad aborto spontaneo. In particolare, se l’ultimo ciclo era stato più corto di 30-31 giorni (durata in cui si è riscontrata la massima fertilità) la probabilità che si verificasse il concepimento diminuiva del 40%, mentre il rischio di aborto spontaneo, per cicli di durata maggiore o minore ai 30 giorni, risultava essere tre volte più grande. Secondo i ricercatori cicli corti comportano una fase follicolare (fase del ciclo in cui si verifica la crescita dei follicoli) ridotta e questo può influenzare la fertilità, inoltre cicli di durata “anomala” sono più frequentemente anovulatori, non si verifica, cioè, la liberazione dell’ovulo.

... E flussi di 5
Dallo studio è anche emerso un legame con la durata del flusso mestruale, che in media dura 3-5 giorni; infatti si è notato che il concepimento era più frequente dopo flussi di 5 giorni, mentre per durate maggiori aumentava del 60% il rischio di aborti spontanei. Per flussi di durata inferiore ai 5 giorni, invece, la repentina caduta dei livelli di estrogeni può causare una deficienza nel numero dei follicoli o una ridotta formazione dell’epitelio uterino, riducendo la fertilità.I risultati di questo studio assumono una notevole importanza dal punto di vista epidemiologico, in quanto rendono il ciclo mestruale uno strumento diagnostico che permette di valutare, in modo immediato e non invasivo, la salute riproduttiva.

SESSO E ISTERECTOMIA

Il dolore pelvico che non risponde al trattamento clinico può spesso portare ad un intervento di isterectomia. Negli Stati Uniti si effettuano più di 600 mila isterectomie l’anno, di cui circa 60 mila hanno come indicazione terapeutica il trattamento del dolore pelvico. I dati più recenti indicano però che il 22% delle donne trattate chirurgicamente continua a manifestare una sintomatologia dolorosa anche dopo l’isterectomia. Si è visto inoltre che fattori cognitivi ed emozionali giocano un ruolo importante nel determinare le caratteristiche e la tolleranza al dolore e che tra le condizioni che accompagnano il dolore, la depressione è quella più frequente.

Lo studio
Con tale studio si è cercato di esaminare le diversità in qualità di vita e funzione sessuale dopo isterectomia, in donne con dolore preoperatorio e depressione. Sono stati analizzati i dati derivanti da una coorte di 1.249 donne che avevano subito un’isterectomia per condizioni benigne, comprendenti la displasia cervicale e l’iperplasia endometriale. Le partecipanti a tale studio, sono state intervistate prima della chirurgia ed a 5 intervalli di tempo ( 3-6-12-18 e 24 mesi) dopo l’intervento, riguardo al dolore pelvico, alla depressione, alla qualità della vita e alla funzione sessuale. E’ stato poi fatto un confronto per quel che riguardava la qualità della vita e la funzione sessuale, a 6 e a 24 mesi, tra donne con solo il dolore pelvico pre-operatorio, con solo la depressione o entrambi i sintomi, o nell’uno e nell’altro.

Risultati
A 24 mesi, donne con dolore e depressione, avevano una riduzione prevalentemente del dolore pelvico (da 96.7% ridotto a 19.4%), della limitata funzione fisica (da 66.1% a 34.3%), della diminuzione della salute mentale (da 93.3% a 38.1%) e della limitazione delle funzioni sociali (da 41.1% a 15.1%). Donne che lamentavano solo il dolore pelvico, avevano avuto un miglioramento di tale sintomatologia (da 95.1% a 9.3%) e del livello di limitazione dell’attività fisica (da 74.3% a 24.2%).Il gruppo con solo la depressione ha evidenziato un miglioramento della salute mentale (da 85.1% a 33.1%). La dispareunia era diminuita in tutti i gruppi di studio.Facendo un confronto tra donne che non presentavano né dolore né depressione e donne con entrambi i sintomi, la probabilità di una diminuzione continua della qualità di vita per una limitata funzione fisica presentava un odds ratio (OR) di 2.73, con 95% di intervallo di confidenza (CI) 1.78-4.19; per la diminuzione della salute mentale mostrava un OR di 3.41, 95% CI 2.13-5.46; per la limitazione delle funzioni sociali evidenziava un OR 5.76 %. 95% CI 2.79-11.87; per un dolore pelvico continuo l’ OR 4.91, con un 95% CI 2.63-9.16 e per dispareunia l’ OR era di 2.41, con un 95% di CI 1.26-4.62.

Conclusioni
Nelle donne con dolore pelvico e depressione 24 mesi dopo l’isterectomia si registrava però un risultato terapeutico inferiore, rispetto alle donne che avevano o un solo disordine o nessuno.Tuttavia queste donne miglioravano sostanzialmente rispetto alla loro condizione di partenza preoperatoria per quel che riguarda la qualità della vita e l’attività sessuale.

DEPRESSIONE POST-PARTUM

La depressione post-partum colpisce l’8-15 per cento delle donne. Le caratteristiche cliniche sono simili a quelle delle depressioni che si verificano in diversi periodi della vita. Un travaglio complicato ed un parto improvviso praticato come una procedura d’emergenza potrebbe essere potenzialmente stressante per la madre. In questo ambito potrebbe esistere una relazione tra il parto d’urgenza e la depressione post-partum.

Studio
L’obiettivo dello studio era di valutare l’associazione tra un parto cesareo praticato in elezione e la depressione post-partum rispetto ad un parto vaginale programmato. Gli Autori hanno valutato, inoltre, l’eventuale associazione tra il parto cesareo d’emergenza o il parto vaginale assistito e la depressione post-partum, rispetto ad un parto vaginale spontaneo. Lo studio conosciuto come ALSPAC (Avon longitudinal study of parents and children), coinvolge 14663 reclutate tra il 1991 ed il 1992. Sono state escluse dalla studio le donne che hanno avuto aborti, gravidanza multiple, parti pretermine e quelle di cui i dati relativi al parto sono risultati assenti. Come indice di depressione gli Autori hanno considerato un punteggio =/> 13 alla Scala di Edinburgh per la depressione post-partum.

Risultati
Delle 12944 donne che soddisfacevano i criteri di inclusione, 10934 (84,5 per cento) hanno completato la scala per la valutazione della depressione all’ottava settimana dopo il parto. Di queste donne, 8731 (79,9 per cento) hanno avuto un parto vaginale spontaneo e 1242 (11,4 per cento) hanno avuto un parto vaginale assistito. Delle altre 961 donne cha hanno avuto un parto cesareo, 572 (5,2 per cento) hanno avuto un parto d’emergenza e 389 (3,6 per cento) hanno avuto un parto cesareo in elezione.Non ci sono evidenze che il parto cesareo in elezione modifichi il rischio relativo di depressione post-partum, rispetto al parto vaginale programmato (RR 1,06, IC 95 per cento, intervallo 0,66-1,70, p=0.80). Tra i parti vaginali programmati sono risultati lievi differenze tra le donne che hanno ricevuto un intervento cesareo in emergenza o un parto vaginale assistito e quelle che hanno avuto un parto vaginale spontaneo (RR 1,17, IC 95 per cento, intervallo 0,77-1,79, p=0,46 e RR 0,89, IC 95 per cento, intervallo 0,68-1,18, p=0,42 rispettivamente).

Conclusioni
Non vi sono ragioni per le donne a rischio di depressione post-partum da essere gestite diversamente rispetto alle modalità del parto. Il parto cesareo in elezione non protegge contro la depressione post-partum. Le donne che pianificano e richiedono un parto cesareo di emergenza o un parto vaginale assistito possono essere rassicurate dal fatto che non vi sono ragioni per ritenere che vi sia un rischio aumentato di depressione post-partum.