DOTT. GIUSEPPE MONTESANO

DOTT. GIUSEPPE MONTESANO
Esercito la professione di Medicina Generale e sono specialista in Ginecologia e Ostetricia.Perfezionato in Medicina Biologica e Medicina Estetica                   STUDIO MEDICO      Via Diaz 50/A Camporotondo Etneo CT) Tel: 349-2666208

martedì 20 luglio 2010

DOPO L'INFARTO

Introduzione

Dopo l'infarto

Aver avuto un infarto non significa essere un invalido: dopo poche settimane la maggior parte dei pazienti riprende una vita normale.

Conoscere l’infarto aiuta a vivere meglio!


numeri dell'infarto


Che cosa è l’infarto

Dopo l'infarto Il cuore è un muscolo che ha la funzione di pompare il sangue nelle arterie. Per contrarsi il cuore ha bisogno di ossigeno, che viene fornito con il sangue attraverso dei vasi arteriosi chiamati coronarie.
Quando il flusso di sangue al cuore è fortemente ridotto o bloccato per la presenza di un restringimento o una occlusione delle coronarie, le fibre muscolari cardiache dapprima vanno incontro a sofferenza e successivamente vengono danneggiate in maniera irreversibile e muoiono.

L’infarto è quindi la morte di una parte del muscolo cardiaco dovuta al blocco del flusso di sangue all’interno di una coronaria.

cause dell'infarto

Nel corso di un infarto approssimativamente muoiono 500 cellule cardiache ogni secondo!

Il tessuto necrotico va poi incontro ad un processo di lenta cicatrizzazione.


Le cause dell’infarto

Dopo  l'infarto La causa principale che determina l’occlusione della coronaria è l’aterosclerosi, cioè la formazione all’interno delle coronarie di accumuli di colesterolo circondati da cellule e fibrosi (placche di aterosclerosi).








Dopo l'infartoQuesto processo, che inizia fin dall’età giovanile, progredisce nelle coronarie spesso in maniera del tutto asintomatica fino a quando la placca aterosclerotica si rompe o si infiamma e sulla superficie si forma improvvisamente un coagulo (trombo) che occlude il vaso.








Poiché la formazione del coagulo è molto veloce (impiega circa 20 minuti) spesso l’infarto non è preceduto da sintomi motori.


Localizzazione del dolore cardiaco

Segni di allarme di attacco cardiaco

Chiamare il 118Dolore al torace: senso di forte oppressione, peso, costrizione dolorosa al centro del petto che dura alcuni minuti, può andare e venire o protrarsi nel tempo.

Dolore in altre zone: il dolore può irradiarsi ad una o ad entrambe le braccia, alle spalle o al dorso, al collo, alla mandibola oppure allo stomaco.

Fiato corto: spesso accompagna il dolore o può precederlo.

Altri segni: sudorazione fredda, nausea, senso di stordimento o di svenimento, grave malessere.

Sedi meno frequenti del dolore cardiaco

Dopo l'infarto


In caso di comparsa di dolore toracico sospetto che persiste oltre 5 minuti occorre comunque chiamare il numero telefonico 118 e chiedere soccorso.


Stile di vita salutare

Devo proprio smettere completamente di fumare?

Sì! Chi riprende a fumare dopo un infarto ha un rischio raddoppiato di andare incontro ad un nuovo infarto. Al contrario smettendo di fumare il rischio di avere un infarto si riduce del 50% dopo un anno, aumentando quindi l’aspettativa di vita.

Che dieta devo seguire?

Mangiare dopo  l'infartoIl cambiamento delle abitudini alimentari è molto importante per il controllo di alcuni fattori di rischio coronarico quali i livelli di colesterolo e la pressione arteriosa. Non esiste una dieta specifica per il paziente che ha avuto un infarto.
I principi fondamentali dell’alimentazione dopo infarto consistono nel ridurre l’apporto di grassi di origine animale e di sale e nell’aumentare il consumo di pesce e fibre vegetali.

Sono da preferire le carni bianche o quelle magre (pollo, coniglio, manzo magro), mentre sono da evitare gli insaccati preferendo tra questi il prosciutto sgrassato o la bresaola. Non abusare dei latticini, in particolare i formaggi stagionati, preferendo ricotta, mozzarella e latte scremato ed evitando il burro.

Ridurre il sale nei cibi utilizzando erbe ed aromi che possono migliorarne il sapore. Pesce e frutta fresca sono particolarmente indicati, mentre non vi sono limitazioni particolari per la pasta ed il pane (se non la quantità e/o il diabete mellito).
E’ importante raggiungere e mantenere un peso corporeo non superiore al 10% del peso ideale (il calcolo del peso ideale può essere approssimativamente calcolato secondo la seguente formula: peso ideale in Kg = altezza espressa in cm meno 100).

Sport dopo l'infartoAttività fisica regolare

In generale il livello massimo di sforzo che può essere raggiunto è valutabile in base al numero di battiti cardiaci che si raggiungono durante lo sforzo e può essere determinato in base a delle tabelle di cui è dotato il tuo medico curante.

E’ consigliabile che l’attività motoria riprenda in maniera progressiva e regolare.


Attività lavorativa e viaggi

Quando potrò riprendere a guidare la macchina?Guidare dopo l'infarto

Potrai riprendere a guidare gradualmente. Nelle prime settimane dopo l’infarto evita lunghe percorrenze. Evita di metterti in marcia nelle ore particolarmente trafficate e calde.

Quando potrò riprendere a lavorare?

Più di due terzi dei pazienti che hanno avuto un infarto possono riprendere la propria attività lavorativa.

Questa ripresa dipende principalmente da due fattori:
  • quanto esteso è stato l’infarto;
  • che tipo di impegno richiede l’attività lavorativa.
Bisogna imparare ad organizzare le proprie attività per meglio controllare le condizioni “stressanti”:
  • programmare gli impegni;
  • stabilire le priorità;
  • ritagliarsi momenti di riposo.
Lavorare dopo l'infartoIn caso di attività lavorative che richiedono sforzi fisici intesi è consigliabile prendere in considerazione la possibilità di cambiare la tipologia del lavoro con un meno “pesante” da un punto di vista fisico.

In alcuni casi, programmi di riabilitazione adatti alle caratteristiche cliniche del paziente consentono di raggiungere soglie di sforzo anche elevate e di riprendere quindi il lavoro abituale anche se “pesante”.

Potrò fare dei viaggi?

Non ci sono controindicazioni ad effettuare dei viaggi.

Viaggiare dopo l'infarto Segui sempre delle regole che sono peraltro valide per chiunque:
  • se il viaggio è particolarmente lungo prevedi delle tappe intermedie durante le quali compiere una minima attività motoria (è sufficiente camminare), eventualmente riposarsi;
  • i mezzi di locomozione devono essere confortevoli: poltrone comode, aria climatizzata;
  • prevedi sempre un'adeguata scorta dei farmaci che assumi giornalmente;
  • se ti rechi in montagna tieni conto che fino a 1500 metri non ci sono controindicazioni, ma per altitudini superiori la rarefazione in ossigeno dell’aria respirata potrebbe determinare dei sintomi respiratori quali fame d’aria che sarebbero ancor più marcati dagli sforzi fisici. Pertanto le passeggiate ad altitudini elevate vanno in chi non stato adeguatamente preparato (training fisico);
  • se ti rechi al mare cerca di privilegiare le zone con clima secco evitando quelle con elevati tassi di umidità;
  • porta sempre con te una relazione clinica dettagliata delle tue problematiche di salute, compreso l’elettrocardiogramma. Tale documento può essere utile in caso di malessere per rendere informato, se necessario, il personale sanitario circa le tue patologie e le terapie che assumi.

INFARTO CARDIACO

Cos'è?

Si verifica quando l'irrorazione sanguigna del muscolo cardiaco (miocardio) diminuisce o viene a mancare in seguito all'occlusione di una o più arterie coronariche.
L'infarto miocardico è una malattia che colpisce più di duecentomila italiani all'anno e che in 1/3 dei casi conduce alla morte. Se l'infarto colpisce solo una zona limitata del muscolo cardiaco, le conseguenze non sono gravi. Se la lesione del muscolo cardiaco è molto estesa, può provocare la morte o un'invalidità (di grado variabile).

Quali sono le cause?

Le arterie coronarie normali appaiono come dei tubi puliti. Ma vi sono dei fattori di rischio che predisporre alla formazione di lesioni aterosclerotiche che alterano le arterie. Molti sono i fattori che contribuiscono ad aumentare il rischio di infarto miocardico:

Età
L'aterosclerosi coronarica, come quella degli altri distretti vascolari, è una malattia di tipo degenerativo, dovuta essenzialmente alla inevitabile senescenza dei vasi; per cui si dice comunemente, non a torto, che abbiamo l'età dei nostri vasi; ed a dispetto di ogni disperata ricerca di ringiovanimento esteriore ed estetico, nessuno può venderci la pillola della giovinezza;




Precedenti familiari di infarti
Le malattie cardiovascolari tendono ad aggregarsi in particolari nuclei familiari, per cui si finisce con l'ereditare la predisposizione ad ammalare, ed i discendenti di coronaropatici vanno guardati con particolare attenzione;




Sesso
Per quanto riguarda il sesso, le donne, soprattutto in età feconda, sono relativamente protette rispetto agli uomini dalla aterosclerosi coronarica. Gli indici tendono poi gradualmente a livellarsi dopo la menopausa.
Con una Ebct (tomografia a fascio di elettroni) sono state analizzate 541 donne con età media di 48 anni. Quelle in cui l'esame aveva rivelato calcificazioni iniziali (non visibili con esami radiografici tradizionali) dell'aorta e delle arterie coronarie sono andate incontro ad infarto od altra malattia coronarica nei 15 anni successivi l'esame.
Un risultato inquietante questa capacità predittiva dell'esame che, proprio per questo, è una formidabile arma di prevenzione. Tutte le donne che hanno modificato il loro stile di vita a rischio (alimentazione ipercalorica e con eccesso di grassi animali) e hanno riportato nei limiti di sicurezza i valori di colesterolo cattivo (LDL) ed elevato quelli del buono (HDL) hanno abbassato il rischio di malattia cardiaca.
Va anche detto, però, che l'infarto nelle donne tende ad essere in genere più grave rispetto a quello dei maschi.

Livello di colesterolo elevato
I grassi sotto accusa sono il colesterolo totale, la sua frazione LDL ei trigliceridi, il cui tasso aumentato nel sangue è un sicuro fattore di rischio; è un rischio anche la diminuzione del tasso di un'altra frazione del colesterolo, l' HDL, che ha funzioni protettive.
L'ipercolesterolemia di per sé non è una malattia, ma solo un fattore di rischio ed il colesterolo non è un veleno, ma anzi è un costituente fondamentale di tutte le cellule dell'organismo. Il guaio è che per cattive abitudini alimentari il suo livello risulta abnormemente elevato; ciò, sul lungo periodo, può risultare dannoso. I livelli desiderabili di colesterolo sono intorno ai 200 mg/ml ed il dosaggio della colesterolemia rientra in una buona prassi di medicina preventiva, soprattutto nelle fasce di età a rischio (fra i 40 ed i 70 anni), anche se oggi sembra opportuno porsi il problema del suo controllo fin dall'infanzia.
E' dubbio, invece, se valga la pena di effettuare ripetute e frequenti determinazioni del colesterolo in soggetti ultrasettantenni e spesso ottuagenari, anche se è dimostrato che la riduzione della colesterolemia è utile anche in età avanzata.
Quello che va evitato è lo stato di ansia e di preoccupazione con cui taluni soggetti in tarda età e spesso abbondantemente di là del rischio "inseguono" affannosamente il loro tasso di colesterolo.

Ipertensione

Diabete


Obesità
Piuttosto che di obesità è meglio parlare di eccesso ponderale.
L'eccesso ponderale si accompagna con grande frequenza ad aumento della pressione, della glicemia, dei grassi nel sangue, ed a riduzione dell'attività fisica; inoltre, è un grosso fardello che affatica inutilmente il cuore.
Secondo dati recenti nel mondo occidentale circa il 30% della popolazione avrebbe un eccesso ponderale di varia entità. Va precisato, a questo proposito, che si parla di obesità quando il peso corporeo superi del 15% il peso ideale.
La determinazione del peso ideale si ottiene con varie formule. Un criterio abbastanza diffuso definisce come peso ideale il numero di chili pari ai centimetri oltre il metro di statura (quindi, per un uomo alto 1,80 m. il peso ideale sarebbe 80 chili), ma questo criterio è forse più adatto al ventenne che svolga attività fisica; per un sessantenne sedentario appare eccessivamente generoso, e sarebbe consigliabile una riduzione di almeno il 10%.
E' stato anche sicuramente dimostrato che l'aumento del peso del 20% rispetto a quello ideale nei soggetti di media età raddoppia l'incidenza di malattie delle coronarie, e la triplica se l'obesità si accompagna a ipercolesterolemia o ipertensione.
Gli obesi malati di cuore vivono in media 4 anni di meno del cardiopatico di peso regolare. L'essere fortemente sovrappeso anticipa poi di 7 anni l'inizio della malattia in chi è predisposto. Negli Stati Uniti è stato anche calcolato che se si riuscisse a debellare il cancro la vita si allungherebbe di meno di due anni, mentre se si eliminasse l'obesità si allungherebbe di 5 anni.



Fumo

Stress
L'importanza dello stress è generalmente sopravvalutata dai pazienti. In gran parte ciò è dovuto al fatto che è un termine che ha trovato grande successo e diffusione, essendo chiamato in causa per situazioni molto diverse.
Essendo utopistico e irrealizzabile l'intento di modificare positivamente l'ambiente in maniera sostanziale, è chiaro che i nostri sforzi sono diretti alla individuazione ed alla eventuale modificazione di quei tratti della personalità che, sottoposti all'influenza ambientale, possano costituire un fattore di rischio per gli eventi coronarici.
Numerosi ed approfonditi studi hanno individuato uno specifico atteggiamento comportamentale, definito come personalità di tipo A, che costituisce un sicuro fattore di rischio coronarico.
Gli elementi costitutivi del comportamento di tipo A sono rappresentati da una costellazione di atteggiamenti caratteriali che contribuiscono nel loro insieme a determinare uno specifico tipo di personalità.
In sintesi, i tratti distintivi del comportamento di tipo A sono la fretta, l'impazienza, l'eccessiva competitività ed un certo grado di ostilità verso l'ambiente sociale, lavorativo e familiare. Nell'ambito di una strategia riabilitativa globale, in cui gli atteggiamenti psicologici hanno un ruolo fondamentale, la ripresa graduale delle proprie attività, con un'ottica diversa e con una mentalità diversa, favorisce il totale reinserimento sociale, la chiusura di un periodo della vita difficile ed oscuro, culminato con un grave "incidente", e l'inizio della ricostruzione psico-fisica del paziente, su nuove basi.
Sul piano pratico è consigliabile adottare una serie di atteggiamenti di difesa, che potrebbero essere riassunti nei seguenti consigli: eliminare l'eccesso di lavoro; affrontare e risolvere un problema alla volta; crearsi se è possibile un hobby.




Sedentarietà
Il tema della sedentarietà, intesa come ridotta attività fisica, è strettamente connesso con quello dell'eccesso ponderale. Una riduzione del dispendio calorico, se si mantengono costanti le entrate, si traduce in un accumulo di grasso ed aumento di peso.".
Accurate indagini statistiche effettuate in un numero rilevante di pazienti hanno consentito di verificare che l'attività fisica si traduce in una diminuzione significativa del rischio cardiovascolare, sia nella prevenzione primaria, cioè nell'evitare un primo infarto, sia, e soprattutto, nella prevenzione secondaria, cioè nell'evitare un secondo infarto in chi ne abbia già subito uno.

I meccanismi attraverso i quali l'attività fisica induce effetti benefici sono ben noti, e sono sia diretti che indiretti.
Direttamente, l'allenamento fisico, cioè un'attività fisica regolare e costante, produce effetti benefici mediante la riduzione della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa sotto sforzo, con conseguente risparmio del consumo di ossigeno del muscolo cardiaco, una migliore utilizzazione dell'ossigeno da parte dei muscoli scheletrici, un miglioramento della capacità lavorativa globale, uno spostamento del controllo nervoso del cuore a vantaggio del vago, sistema frenatore e di risparmio, a discapito del simpatico, sistema acceleratore e dispendioso, un innalzamento della soglia a cui compaiono ischemia ed angina durante lo sforzo, ed aritmie minacciose.

Indirettamente, l'attività fisica ha effetti benefici attraverso un aumento del colesterolo protettivo HDL, una riduzione dell'aggregabilità delle piastrine, una riduzione della pressione arteriosa, degli ormoni circolanti che stimolano il cuore, della glicemia nel diabete e dei trigliceridi, dell'obesità, dell'abitudine al fumo.
Non c'è dubbio, quindi, che l'attività fisica vada incoraggiata ed incrementata e che al contrario la vita sedentaria vada evitata invertendo, così, la radicata tendenza che imponeva periodi di lunga e pressoché completa, e talora definitiva inattività agli infartuati.




Nella maggior parte dei casi, l'infarto miocardico è dovuto alla formazione di un grumo di sangue (coagulo) che ostruisce un'arteria coronarica. Si tratta in questo caso di una trombosi coronaria. E' più raro che la contrazione temporanea (spasmo), di un'arteria coronaria possa scatenare un infarto.

Quando si verifica

L'infarto è in genere la conseguenza drammatica di una malattia che è iniziata molti anni prima senza manifestarsi fino a quel momento; le cause scatenanti, che in un determinato momento fanno bruscamente precipitare una situazione mantenuta in equilibrio fino ad un istante prima sono assai variabili e non sempre identificabili.
Talora il dolore si verifica durante un intenso sforzo fisico compiuto da un soggetto non allenato: la partita di calcio "scapoli-ammogliati" effettuata magari dopo un anno di lavoro a tavolino e magari sotto il solleone e dopo abbondanti libagioni, è responsabile di molte precoci vedovanze.

A volte, in associazione ad uno stress psicologico intenso e prolungato, come conflitti o litigi nell'ambito familiare o lavorativo; talora si tratta di forti ed improvvise emozioni a contenuto sgradevole, come aggressioni, rapine, coinvolgimento in incidenti stradali ed in disastri come terremoti, alluvioni, incendi, etc. In realtà, nella stragrande maggioranza dei casi non si riesce ad individuare il meccanismo scatenante dell'evento infartuale, e va anzi ricordato che studi ormai numerosi di cronobiologia hanno dimostrato in maniera inconfutabile che il maggior numero di infarti si verifica nelle primissime ore del mattino quando il paziente è in completo riposo.
Gli infarti fatali avrebbero, inoltre, una stagionalità tra dicembre e gennaio.

Quali sono i sintomi?

La parola angina introduce l'elemento soggettivo della sofferenza ischemica del muscolo cardiaco: il sintomo dolore. Sia l'ischemia che l'infarto generalmente provocano dolore anginoso, ed in genere il dolore dell'infarto è più intenso e soprattutto più prolungato.
Il primo sintomo dell'infarto cardiaco è il dolore, si manifesta come un senso di fastidio al petto. La sensazione di oppressione, compressione, dolore o peso nel centro del petto si può irradiare alle spalle, al collo, alle braccia o alla schiena.
Spesso l'infarto si rivela con l'insieme dei seguenti sintomi:
Abbondante sudorazione fredda nella parte superiore del corpo, stordimento, mancanza di fiato e nausea.

La mancanza di fiato è dovuta all'impossibilità del cuore di pompare in modo efficace e determina, in alcuni pazienti, una sensazione di oppressione al petto come una corda che stringe. Se si è in grado di riconoscere i sintomi dell'angina e dell'infarto, si potrà essere in grado di salvare la vita a se stessi o agli altri. Se invece non si riconoscono i sintomi o si attribuiscono ad un altro disturbo (un'indigestione…) il trattamento dell'infarto arriverà troppo tardi.
Purtroppo, in una buona percentuale di casi, sia l'ischemia che l'infarto possono non accompagnarsi a dolore: condizioni queste rispettivamente definite ischemia silente ed infarto silente.

La prognosi, il decorso ed il rischio dell'ischemia e dell'infarto silente non differiscono sostanzialmente dalle forme che si accompagnano a dolore; non si tratta di forme "lievi" della malattia; anzi, l'assenza di un campanello di allarme come il dolore può esporre in definitiva il paziente ad un rischio maggiore.

Qual è la differenza tra infarto ed ischemia?

S'intende per ischemia lo stato di sofferenza del muscolo cardiaco non sufficientemente irrorato. C'è una differenza fondamentale tra infarto ed ischemia. L'infarto è un'interruzione totale del flusso del sangue al cuore, i cui sintomi durano più di 15 minuti, non scompaiono con il riposo o con i farmaci (con la nitroglicerina sono solo alleviati) ed una parte del muscolo cardiaco incomincia a morire. E', quindi, una condizione stabile ed irreversibile. L'ischemia è transitoria e reversibile; consiste in una temporanea interruzione del flusso di sangue ossigenato al cuore; i sintomi durano pochi minuti e si possono alleviare con il riposo o con i farmaci.

Ciò che determina il punto di passaggio fra ischemia ed infarto è la durata dell'assenza di flusso; infatti, il muscolo cardiaco riesce a tollerare l'assenza di irrorazione per un tempo limitato (meno di 30 minuti), al di là del quale comincia ad andare in necrosi, a morire.
Nella maggioranza dei casi, l'ischemia si determina quando, a fronte di una maggiore richiesta di ossigeno e materiali nutritivi, e quindi di un aumento di flusso, determinata da un'attività fisica più o meno intensa, questa richiesta non può essere soddisfatta a causa dei restringimenti (stenosi) prodotti all'interno delle arterie coronarie dalla malattia aterosclerotica.

Si crea così una discrepanza transitoria fra necessità di apporto e possibilità di adeguamento dei flussi; questa è la condizione detta "angina da sforzo".

Cosa succede nella zona del cuore in cui le cellule sono morte?

In alcuni casi di infarto la porzione di parete del muscolo cardiaco non più contrattile, cicatriziale ed assottigliata, protrude durante la contrazione (in sistole), dando luogo a quello che si definisce aneurisma ventricolare. Questa, comunque è una conseguenza abbastanza rara dell'infarto; generalmente, invece, l'assottigliamento della zona infartuata, pur senza dar luogo all'aneurisma, finisce col provocare un'alterazione più o meno grave della geometria ventricolare, che risponde a precise e rigorose leggi fisiche, ed un deterioramento della funzione meccanica della pompa.
E' intuitivo che le conseguenze "meccaniche" dell'infarto saranno tanto più gravi quanto più estesa è la zona assottigliata e non contrattile; generalmente, si ritiene che l'infarto sia più o meno grave in relazione alla sede (anteriore, o posteriore o inferiore). Tradizionalmente si ritiene che l'infarto posteriore o inferiore sia meno grave di quello anteriore; questo potrà anche essere vero, ma la cosa più importante nel determinare la prognosi sia immediata sia a distanza dell'infarto non è tanto la sua sede, quanto la sua estensione. È meglio, quindi, sotto questo aspetto, distinguere infarti piccoli e circoscritti da infarti estesi. Inoltre, i danni meccanici prodotti da un eventuale secondo infarto, soprattutto se questo interessa una zona diversa dal precedente, si sommano a quelli provocati dal primo.

Quando consultare il medico?

Ogni sintomo che segnali l'inizio di un infarto impone l'immediata consultazione del medico. Se il medico non è rintracciabile, chiamare un' ambulanza e raggiungere immediatamente il pronto soccorso dell'ospedale più vicino.

Cosa fanno al pronto soccorso?

Una volta chiarito che il confine fra ischemia ed infarto è solo temporale, e che vi sono dei tempi, anche se ristretti, e dei mezzi che consentono di arrestare l'evoluzione dell'ischemia in infarto, si capisce bene l'importanza del fattore tempo. Gli specialisti del pronto soccorso, dopo un elettrocardiogramma di conferma, avvieranno subito le analisi del sangue per dosare gli enzimi liberatisi durante l'infarto dal muscolo cardiaco (troponina, GOT, GPT, LDH, CK,CKMB).

Qual è la terapia per l'infarto miocardico?

Fino a poco tempo fa la terapia consisteva essenzialmente nell'alleviare il dolore e nel trattare le complicanze precoci.
La moderna terapia della malattia coronarica si basa su tre cardini: le cure mediche (nuovi farmaci, conosciuti con il nome di trombolitici, permettono oggi di sciogliere rapidamente i grumi di sangue all'origine della maggior parte degli infarti), la chirurgia del bypass aorto-coronarico, e la dilatazione con palloncino delle coronarie stenotiche (angioplastica coronarica).

Come evitare l'infarto miocardico?

  • Smettere di fumare;
  • Mantenere il peso ideale;
  • Alimentarsi con cibi poveri di grassi animali;
  • Praticare un esercizio fisico regolare e senza eccessi;
  • Mantenere a livelli normali la pressione arteriosa, il colesterolo e la glicemia.

Si può ritornare ad una vita normale?

Un infarto piccolo non ha conseguenze gravi. La riabilitazione ed una terapia appropriata permetterà al muscolo cardiaco di riprendere la propria funzione e lascerà solo strascichi trascurabili.
Il 50% delle persone colpite da un infarto miocardico ritornano ad una vita normale nel giro di pochi mesi.

I numeri del cuore italiano
300: casi di infarto ogni 100.000 abitanti;

80.000: infarti diagnosticati ogni anno;

8%: casi di reinfarto ad un anno dal primo evento;

200.000: persone con fibrillazione atriale… delle quali;

Il 5-7%: lamenta, ogni anno, embolie cerebrali con decadimento delle funzioni cognitive sino alla demenza;

250: casi di ictus ogni 100.000 abitanti.

35-40%: casi di ictus in meno con la riduzione di 5-6 mmHg di pressione sistolica.

1.000.000: sopravvissuti ad almeno un infarto

A cura del Centro per la Lotta Contro l'Infarto



Cuore: tecnica identifica e purifica staminali

Un gruppo di ricercatori dell'Imperial College London, nel Regno Unito, ha messo a punto delle innovative tecniche per identificare e poi purificare le cellule staminali cardiache che possono dare origine a cellule del cuore che battono.

Lo riporta un articolo pubblicato sul notiziario CORDIS.

I ricercatori, coordinati da Michael Schneider, hanno individuato le cellule in questione nei topi, e anche se gli indicatori di identificazione sono molto diverse nelle cellule umane, sono stati in grado di trasferire il metodo dai topi all'uomo.

''Abbiamo messo a punto un metodo per identificare le cellule che hanno tre caratteristiche importanti'', ha spiegato Schneider. ''Sono sicuramente cellule staminali, attivano il giusto meccanismo molecolare al fine di diventare muscolo cardiaco o vaso sanguigno, e non hanno ancora una delle caratteristiche fondamentali del muscolo cardiaco o dei vasi sanguigni, come la produzione di miosina cardiaca - una proteina importante nelle cellule muscolari del cuore'', ha aggiunto.

Il passo successivo è quello di sviluppare ulteriormente la tecnica in modo che possa essere utilizzata per tutta la catena di azioni necessarie per riparare i danni: l'estrazione, la purificazione e la moltiplicazione in clinica.

Il gruppo sta utilizzando la robotica avanzata e la microscopia automatizzata per identificare i metodi più efficaci per la coltura delle cellule e per trasformarle in muscolo cardiaco.

L'Unione Europea sostiene la ricerca tramite il progetto CARDIOCELL ('Development of cardiomyocyte replacement strategy for the clinic'), finanziato nell'ambito del tema 'Salute' del 7� PQ.

Le patologie cardiache e circolatorie sono oggi la più grande causa singola di decesso nell'Unione Europea, responsabili di circa due milioni di decessi ogni anno.

Le malattie cardiache sono inoltre responsabili del maggior numero di morti premature prima dell'età di 75 anni.

Gli studi clinici in tutto il mondo hanno esaminato in che misura le cellule staminali del midollo osseo sono efficaci nel trattamento dell'infarto e della cardiomiopatia.

Mentre le prove hanno mostrato la sicurezza dell'approccio, è comunque limitato il miglioramento del modo in cui il cuore pompa il sangue in tutto l'organismo.

Per questo ora gli scienziati hanno gli occhi puntati sull'uso di cellule staminali provenienti dal cuore del paziente stesso

lunedì 18 gennaio 2010

ENDOLIPOLISI


Una quasi liposuzione senza chirurgia

La procedura sembra quasi un desiderio divenuto realtà: eliminare i fastidiosi accumuli adiposi senza particolari fatiche e soprattutto senza chirurgia. Effettivamente il trattamento clinico di endolipolisi le carte in regola le ha tutte per divenire un must nel prossimo futuro per il rimodellamento del corpo.

La terapia clinica di Endolipolisi è in sostanza una procedura non chirurgica per il rimodellamento del corpo, attraverso l’eliminazione dei depositi adiposi in eccesso.

Questo trattamento è sicuro e i risultati si apprezzano dopo poche sedute infiltrative, in genere quattro, a seconda della zona.

L’azione dei farmaci dell’endolipolisi è indirizzata verso gli adipociti, che sono le cellule del corpo che accumulano i grassi per ottenere un’efficacia diretta, mirata e localizzata, il metodo di applicazione è costituito da iniezioni praticate con aghi molto sottili direttamente nel pannicolo adiposo. In questo modo si provoca la distruzione delle cellule responsabili dei cuscinetti e delle irregolarità della pelle in modo selettivo, senza rischi per l’organismo.

Il contenuto delle cellule adipose, il grasso, appunto, viene veicolato e smaltito per vie naturali nelle settimane successive al trattamento iniettivo.

A chi è indicata l'endolipolisi

La terapia infiltrativa di endolipolisi è l’ideale per snellire i distretti corporei colpiti da antiestetici accumuli adiposi. In particolare questo tipo di terapia è indicata per tutti i casi in cui si nota un accumulo localizzato di entità lieve e media. Addirittura, l’endolipolisi può essere praticata dopo una liposuzione, per rendere maggiormente armoniosi i risultati, oppure per eliminare definitivamente alcune irregolarità di modeste dimensioni, dove una liposuzione potrebbe non essere l’ideale, come ad esempio le braccia, o dietro il collo (la cosiddetta gobba di bisonte).

Quali zone si possono trattare con l'endolipolisi

Le parti del corpo trattabili con l’endolipolisi sono quelle che maggiormente sono vittime degli accumuli di grasso. Tipicamente per una donna sono addome, fianchi, glutei e cosce ma l’assoluta non invasività di questa tecnica la rende idonea a trattare anche zone di estensione limitate e zone delicate. Ecco quindi che possono essere snellite caviglie, braccia, doppio mento, collo e addirittura la schiena.

I fianchi e i glutei, poi,sono una parte che tipicamente risente degli eccessi adiposi, che spesso si mostrano recidivi anche alle diete e alla palestra. Se gli accumuli non sono eccessivi, la terapia infiltrativa di endolipolisi uniforma e snellisce i profili senza chirurgia. Questa metodica è risolutiva anche nei casi di lieve adiposità, per cui la liposuzione risulterebbe troppo invasiva.

L’endolipolisi è ritenuta una terapia sicura ed affidabile, purché realizzata da specialisti esperti e formati per questa specifica metodica. Addirittura la procedura può essere applicata anche su una parte delicata come il viso, in particolare il doppio mento.

La seduta infiltrativa

Per fare la terapia di endolipolisi non occorre alcuna preparazione particolare, perché “non è una seduta chirurgica, ma si tratta di semplici infiltrazioni con speciali aghi sottilissimi”, puntualizzano gli specialisti. La zona prescelta viene semplicemente disinfettata e si procede con le iniezioni che rilasciano i principi attivi direttamente all’interno del bersaglio di adipe. Addirittura non è necessaria neppure l’anestesia, in quanto il trattamento è indolore.

L’estensione della parte trattata e il numero di sedute necessarie perché si ottenga un risultato apprezzabile viene determinato al momento del primo incontro con il paziente in genere per una zona come i fianchi sono sufficienti quattro sedute.

La durata della seduta è minima, da un quarto d’ora a mezz’ora, il che la rende l’ideale per chi non ha tempo per interventi più impegnativi, come la liposuzione. Inoltre, è possibile riprendere immediatamente le attività abituali, e non ci sono tempi di recupero. Nei primi giorni si nota modesto gonfiore nell’area trattata, segno che i principi della terapia stanno agendo nella distruzione degli adipociti. Gradualmente nei giorni seguenti i liquidi e i grassi vengono lentamente smaltiti dall’organismo, per lasciare un nuovo profilo levigato e snello.

Fosfatidilcolina in breve

Cos’è: l’endolipolisi viene realizzata come seduta infiltrativa per mezzo di sottili aghi, senza chirurgia e incisioni.

Cosa fa: provoca lo scioglimento delle cellule adipose, che liberano il grasso contenuto che a sua volta viene smaltito naturalmente dall’organismo.

Dove si applica: in tutti i distretti del corpo che non riescono ad essere snelliti neanche con diete ed esercizi. È l’ideale per trattare accumuli di modesta entità da: viso (doppio mento), schiena, fianchi, addome, glutei, gambe, braccia.

Le sedute: la durata è breve, circa mezz’ora, a seconda dell’estensione della zona da trattare. Le iniezioni sono indolori e non è prevista medicazione, quindi dopo si può tornare immediatamente agli impegni quotidiani. Le sedute sono mediamente 4 per zona, a cadenza mensile.

I risultati: assottiglia i profili eliminando i cuscinetti di grasso. I risultati sono simili a quelli di una micro liposuzione e si cominciano a vedere dopo un mese circa.

Chi la fa: pur essendo semplice il concetto di base del trattamento, e sicuro come principio attivo, l’endolipolisi va eseguita da personale medico specializzato e con esperienza.


ELETTROPORAZIONE

Addio aghi, dolore e lividi , mesoterapia anticellulite e lipodissolve, con una nuova metodica efficace ed indolore.
La mesoterapia è il principale trattamento medico dell’adiposità localizzata e della pannicolopatia, altrimenti nota come “cellulite e si basa sulla iniezione di principi attivi direttamente nel derma ovvero nella immediata vicinanza della zona da trattare.
I maggiori limiti della moderna mesoterapia sono rappresentati in primis dalla necessità di usare degli aghi per iniettare il farmaco, (con conseguenti dolori, microtraumi e piccoli ematomi) inoltre dalla necessità di fare moltissime iniezioni al fine di rendere più omogenea la deposizione del farmaco.
La novità terapeutica assoluta è rappresentata dall’utilizzo di una nuova metodica di somministrazione di farmaci , che non prevede l’uso di aghi e consente la distribuzione omogenea dei principi attivi nelle zone da trattare, l’elettroporazione.
La via transdermica elettronica viene utilizzata da anni per la somministrazione di farmaci anti dolore, oggi nuove acquisizioni in campo biologico hanno permesso di scoprire che nelle cellule epiteliali degli impulsi elettrici pulsati e modulati riescono a generare la formazione di canali, detti elettropori, che consentono il passaggio in profondità di principi attivi: il 90% e fino a 9 cm di profondità
La nuova terapia si articola in una prima fase di dermoablazione con ultrasuoni, in questa fase si prepara e si disinfetta la pelle, quindi si procede alla elettroporazione in base alla patologia da trattare
“Cellulite”
Il protocollo per la cura non può prescindere dalla valutazione medica del grado di cellulite, anche attraverso esami termografici ed ecografici, in base a questi lo specialista stabilisce intensità e profondità del trattamento, quindi impostati i dati nella macchina procede utilizzando un gel all’interno del quale vengono dosati i farmaci ritenuti necessari per il caso specifico.
Attraverso un manipolo con dei piccoli rulli in acciaio il gel viene disteso e massaggiato sull’area da trattare. Il manipolo permette la stimolazione e l’apertura degli elettropori, contemporaneamente il gel ed i prodotti che sono in esso contenuti, prima di venire a contatto con la pelle, subiscono un processo di induzione costante che ne permette la veicolazione transdermica.
Adiposità localizzata
Quando il problema clinico è l’accumulo di grasso concentrato in alcune zone, quali ginocchio, pancia, regione trocanterica o seno per l’uomo le alternative sono tra la liposcultura chirurgica o la tecnica Lipodissolve che mediante aghi e sedute multiple inietta prodotti lipolitici quali la fosfatidilcolina ( lipostabil nome commerciale del farmaco), ma anche questa seconda tecnica ha come effetto collaterale quello legato all’uso degli aghi: dolore, ematoma e piccoli traumi. L’elettroporazione anche in questo caso supera i problemi veicolando i principi attivi della tecnica lipodissolve attraverso gli elettropori direttamente alla profondità in cui si trova il grasso ( stabilita con l’ecografia) ed in modo omogeneo ed atraumatico.
Entrambe le patologie prevedono dei trattamenti multipli, in genere le sedute sono sei e con cadenza quindicinale. A seconda del caso clinico si possono intervallare le sedute con i massaggi dermici (endermologie).